MANUALE PER IL RECUPERO ARCHITETTONICO

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Art. 8 Tetti e coperture

I manti di copertura potranno essere solo dei materiali tradizionalmente usati nell'area di ubicazione dell'edificio e la struttura del tetto va realizzata sempre e solo di legno non lamellare.
Con materiali tradizionalmente usati si intendono: beole spesse a secco (in nessun caso sostituibili con beole inchiodate), beole sottili a secco (in nessun caso sostituibili con beole inchiodate), scandole di legno, coppi, marsigliesi. Negli edifici collocati in nuclei abitati dove vi fossero più soluzioni scegliere quella più diffusa in origine. Coppi e marsigliesi, quando è necessario sostituirli, devono essere dello stesso colore degli originali.
Le possibilità di modifica/ampliamento dell'edificio dipendono dal tipo di struttura del tetto, secondo la classificazione di seguito riportata.
Particolarmente in montagna, il tetto caratterizza l’edificio, ne determina l’effetto paesaggistico,
lo fa partecipe coerente ed armonico del contesto. L’insieme tecnica/materiale può produrre esiti di eccezionale qualità, come il tetto a puntoni e tiranti con copertura di beole spesse, caratteristica unica di una zona dell’Ossola e del Sopracceneri, che costituisce una importante risorsa per lo sviluppo dell’economia locale, destinato prima o poi, se non verrà distrutto da committenti ignoranti, progettisti incompetenti ed amministrazioni sconsiderate, ad entrare nel patrimonio mondiale dell’Unesco.
Un solo tetto difforme dagli altri, come tecnica costruttiva e materiale di copertura, ed anche solo come pendenza, può causare la grave degradazione della qualità architettonica dell’intero contesto paesaggistico.

Art. 8.2 Edifici con tetto a correnti a cavallo del colmo

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Illustrazione 02

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Illustrazione 03

La struttura con travi a correnti consiste nell’appoggio di due travi (per lo più di abete o di larice) a cavallo del colmo, che può essere un muro o una trave appoggiata a sua volta su muri o su capriate di legno.
Le due travi vengono incernierate sul colmo (con varie modalità, vedi “Costruire sulle Alpi” pagina 71), mentre l’appoggio sui muri d’ambito è libero di scorrere nel senso della lunghezza.
Se le travi sono lunghe e i carichi sul tetto permanenti o accidentali lo richiedono, vengono aggiunte una o più terzere. Il peso della copertura agisce sulla connessione delle travi sul colmo, quindi la soluzione è adatta soprattutto con coperture leggere, scandole di legno, dove è universalmente diffusa (zone di influenza tedesca, vedi “Costruire sulle Alpi”), o di laterizio (coppi, marsigliesi).
Per ridurre al massimo la sollecitazione della cerniera la pendenza non deve superare i 27° circa (51%).
Nell’alta Ossola (Formazza, Macugnaga) ci sono anche tetti a cavallo con beole di copertura, quindi per ridurre la sollecitazione sul colmo le falde sono di lunghezza limitata (meno di tre metri).
Falde più lunghe sono possibili con le scandole di legno o con pietre sottili e molto grandi in modo da ridurre l’effetto sul peso della sovrapposizione in tre strati di una parte della pioda (“Recupero e conservazione edilizia storica”: pagine 189, 190 e 191).
La struttura a cavallo con copertura leggera consente la costruzione di edifici di ampie dimensioni, in larghezza e in lunghezza, frequenti nelle Alpi orientali, ma poco diffusi nelle zone del GAL Ossola anche per le caratteristiche geologiche del territorio: gli edifici erano di solito insediati nelle zone più inclinate per non sprecare terreni adatti alla coltivazione.

Nella tabella allegata sono indicate le zone dove prevalgono le strutture a cavallo. Come si vede sono diffuse nelle zone basse, come sul lago d’Orta, e nelle zone alte, Macugnaga e Formazza, molto meno nelle zone intermedie.


Art. 8.2.1 Modifiche ed integrazioni

Coerente con la costruzione a correnti, nel caso di tetto a capanna, è l’estensione longitudinale,
cioè nella direzione del colmo del tetto.

Il tetto deve mantenere la simmetria frontale, come lunghezza e pendenza delle falde, per la necessità di caricare in modo omogeneo i due correnti incernierati sul colmo.
L’estensione è possibile con chiusure esterne portanti di pietra o di laterizio. Per i tetti a padiglione l’eventuale estensione deve interessare l’intera copertura con congruente ampliamento della muratura.
L’aggiunta di corpi laterali o la sistemazione di superfetazioni, è accettabile se la tecnica costruttiva è coerente, come muratura e copertura, con l’edificio originario.
Negli anni passati ad alcuni edifici sono stati aggiunti corpi con struttura del tetto incongrua: è inopportuno che questa possibilità sia consentita oggi, per non accentuare ancora il cacofonico disordine che i centri storici hanno subito nell’ultimo mezzo secolo.
Con chiusure esterne portanti di legno (sistema Blockbau) estensioni sono tecnicamente possibili solo con l’aggiunta di una “campata” di travi orizzontali, come si vede in alcuni antichi ampliamenti.
La soluzione è inopportuna, non tanto perché richiede di smontare copertura e chiusure, quanto perché porta ad un edificio di dimensioni e proporzioni molto diverse dall’originario, con una incidenza sul contesto difficilmente controllabile.
Nelle norme del Piano Paesistico della Zona di Salvaguardia dell'Alpe Devero, art.10 tabella b (applicata ad edifici con tetto puntoni tiranti ma estendibile al tetto a correnti), sono previsti limitati ampliamenti che non riguardano la parte in legno.

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